I dolori lancinanti di una detenuta palestinese nel carcere di ad-Damun

Ramallah – Infopal. Un appello è stato rivolto ai centri locali e internazionali per i diritti dell'uomo da Hasan Karaja, fratello della prigioniera Sumud (22 anni) della cittadina di Saffa, in provincia di Ramallah, perché intervengano e pongano fine alle sofferenze di sua sorella Sumud, rinchiusa nel carcere israeliano di ad-Damun dallo scorso ottobre. La donna, infatti, continua a sbattere la testa con forza contro i muri della cella, secondo quanto riferisce il fratello, e questo “per colpa della mancanza di attenzione nei confronti della sua salute”.

Ha raccontato infatti Hasan che sua sorella, nel corso di una visita dal dentista del carcere, ha subito la frattura della mandibola durante l'estrazione di due molari, e che una seconda operazione, fatta per rimediare al danno della prima, “ha causato altro dolore, coinvolgendo altri denti: questo le sta facendo vivere delle forti sofferenze, e nessuno le sta somministrando delle cure”.

A Sumud è stato inoltre proibito di mandare o ricevere lettere e sono state vietate le visite dei parenti. Tra i familiari cresce quindi la preoccupazione per la salute della ragazza, le cui condizioni vengono riferite loro dalle altre detenute”.

Delle foto della prigioniera sono state inoltre esposte nella sala dov'è stata eseguita l'operazione: un gesto di cui non è noto né il motivo, né il significato.

Unendosi a Hasan, il direttore del Centro per gli studi dei prigionieri e membro del Comitato delle forze islamiche e nazionali per i detenuti Ra'fat Hamduna ha quindi chiesto alla Croce Rossa internazionale di fare pressioni sul regime di occupazione, per raggiungere un accordo sull'utilizzo nelle carceri di attrezzature mediche specifiche per le infermità più difficili da curare.

Lo stesso Hamduna ha inoltre rivolto un appello alle organizzazioni internazionali, ai ministeri palestinesi dei Detenuti e della Sanità e ai mezzi d'informazione, perché provvedano a “rendere pubblici gli abusi israeliani ai danni dei carcerati, e salvare la vita di chi tra questi soffre di problemi di salute”, con un riferimento particolare a Sumud Karaja.

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