Israele aiuta i governi africani a implementare la sorveglianza di massa

Timeslive.co.za. Di Suraya Dadoo. Con la diffusione capillare di Internet e dell’utilizzo degli smartphone in Africa, gli spazi digitali sono sempre più importanti per organizzare rivolte politiche in tutto il continente. (Da InvictaPalestina.org).

Gli africani affrontano un futuro simile ai palestinesi che vivono sotto il dominio israeliano, ovvero dovranno temere di essere spiati dalle autorità per resistere alla repressione?

Secondo un nuovo rapporto del Citizen Lab dell’Università di Toronto, un’unità multidisciplinare che indaga sullo spionaggio digitale contro la società civile, è possibile.

Il rapporto “Running in Circles: Uncovering the Clients of Cyberespionage Firm Circles[1]”, finalizzato a individuare i clienti delle reti di spionaggio informatico, descrive in dettaglio come le armi cibernetiche di una società di telecomunicazioni israeliana, la Circles, vengono fornite ai governi di Botswana, Nigeria, Kenya, Zimbabwe, Zambia, Guinea Equatoriale e Marocco. Insieme ad altre 18 nazioni, spiano normalmente le comunicazioni personali di politici dell’opposizione, attivisti per i diritti e giornalisti.

Utilizzando solo il numero di telefono, la tecnologia di Circles può identificare la posizione di un soggetto in qualsiasi parte del mondo in pochi secondi. Può anche accedere alle chiamate e alle app di messaggistica sul dispositivo. La cooperazione delle società di telecomunicazioni non è richiesta e i governi possono monitorare gli obiettivi oltre i confini senza bisogno di un mandato.

Circles è una società affiliata del gruppo NSO, una società israeliana nota per aver concesso in licenza il suo invasivo programma spia per iPhone e Android, chiamato Pegasus, a regimi oppressivi come l’Arabia Saudita e il Messico.

Il rapporto 2018 di Citizen Lab ha rivelato che dispositivi infettati da Pegasus sono stati scoperti in Sud-Africa, insieme ad altre 44 località in tutto il mondo.

Il rapporto del 2020 arriva mentre i governi africani reprimono brutalmente le proteste popolari e l’opposizione politica. Con la diffusione capillare di Internet e dell’utilizzo degli smartphone in Africa, gli spazi digitali sono sempre più importanti per organizzare rivolte politiche in tutto il continente.

In risposta, diversi governi hanno bloccato Internet. Per evitare critiche a questa palese repressione, alcuni regimi si stanno rivolgendo alla sorveglianza digitale e alla tecnologia Circles come un modo efficace per schiacciare il dissenso.

Le recenti proteste #EndSARS in Nigeria hanno innescato una feroce reazione da parte dell’apparato di sicurezza dello Stato, con il governo nigeriano che si è infiltrato con successo colpendo gli organizzatori della protesta.

Secondo Citizen Lab, l’agenzia di intelligence per la difesa della Nigeria ha acquisito nel 2018 apparecchiature di spionaggio Circles per la sorveglianza di massa delle telecomunicazioni dei cittadini.

Nello Zimbabwe sono state rilevate tre piattaforme Circles. Un sistema di sorveglianza Circles è stato trovato anche in Guinea Equatoriale, dove il dittatore del paese, Teodoro Obiang Nguema Mbasogo, deve affrontare proteste che chiedono riforme elettorali.

Tuttavia, non sono solo i paesi che affrontano le proteste a spiare i propri cittadini.

La direzione per l’intelligence e la sicurezza del Botswana era collegata a due sistemi di sorveglianza della Circles destinati al monitoraggio dei giornalisti che indagano sulla corruzione da parte dei politici.

Secondo Moeti Mohwasa, portavoce dell’opposizione “Umbrella for Democratic Change (UDC)”, l’Organizzazione per il Cambiamento Democratico, le aziende israeliane vendono da anni attrezzature di spionaggio al governo del Botswana.

“Negli ultimi anni, il governo del Botswana sta erodendo i diritti civili e diventando intollerante al dissenso politico. Israele promuove queste pericolose tendenze”, ha avvertito Mohwasa.

Lo scorso anno, le autorità dello Zambia, attraverso un’unità di sorveglianza informatica presso l’autorità di regolamentazione delle telecomunicazioni del paese, sono state in grado di arrestare i blogger che gestivano un sito di notizie dell’opposizione individuando la loro posizione fisica utilizzando la tecnologia Circles.

Citizen Lab ha segnalato un sistema Circles anche in Kenya. Mentre il Kenya è lodato come democrazia, i critici accusano l’amministrazione Uhuru Kenyatta di autoritarismo.

“Il Kenya è inadempiente sulla libertà di stampa, parola e associazione.  Per essere democratico, un paese dovrebbe concedere le libertà politiche fondamentali ai suoi cittadini e alle sue istituzioni. Questo non è stato il caso del Kenya”, ha detto l’analista politico Barbara Yoxon.

I governi giustificheranno lo spionaggio sostenendo che è una questione di sicurezza nazionale.

Il ministro del governo israeliano Zeev Elkin ha negato il coinvolgimento del governo israeliano.

“Tutti capiscono che lo stato di Israele non è coinvolto”, ha detto ai media israeliani. Tuttavia risulta il contrario.

Il governo israeliano, attraverso il suo Ministero della Difesa, approva implicitamente lo spionaggio concedendo alle aziende tecnologiche israeliane licenze di esportazione per i loro prodotti.

Amnesty International ha intentato una causa in Israele chiedendo al Ministero della Difesa di revocare le licenze di esportazione per i programmi di spionaggio di NSO. A luglio, un tribunale israeliano ha respinto l’appello.

Sebbene sviluppati da società private, i dispositivi di spionaggio sono una parte fondamentale dell’influenza diplomatica del governo israeliano in Africa. Fornendo ai governi le armi per intraprendere una guerra cibernetica contro i suoi cittadini, Tel Aviv spera di stringere ulteriori alleanze con i paesi africani.

L’obiettivo finale è quello di disgregare la solidarietà africana con la Palestina, conquistare voti africani all’ONU e sconfiggere le risoluzioni critiche all’occupazione israeliana.

Israele sta anche cercando di trovare alleati per esercitare pressioni sull’Unione Africana affinché le conceda lo status di osservatore.

Le aziende israeliane commercializzano i loro prodotti di sorveglianza come “testati in battaglia”, ed è effettivamente così.

Milioni di palestinesi sotto il dominio militare israeliano servono come cavie in laboratori all’aperto per lo sviluppo di nuovi strumenti per la sorveglianza e il controllo di massa.

Secondo l’analista israeliano Jeff Halper, Israele ha unito con successo le tecnologie digitali all’industria globale della sicurezza statale.

Il pericolo, avverte Halper, è che gradualmente diventeremo tutti palestinesi.

Mentre i governi africani continuano a guardare a Israele per aiutarli a occupare illegalmente gli spazi digitali privati ​​dei suoi cittadini, il pericolo è che Gaborone, Nairobi e Abuja possano finire sotto assedio informatico proprio come Hebron, Gerusalemme Est e Gaza.

Note:

[1] https://deibert.citizenlab.ca/

Suraya Dadoo è una giornalista freelance con sede a Johannesburg. Twitter: @Suraya_Dadoo.

(Immagine di copertina: credit  123RF/dolgachov).

Traduzione per Invictapalestina.org di Beniamino Rocchetto.