Russia e Hamas: un’alleanza strategica di convenienza

Hamas ha chiesto a Mosca di operare in qualità di garante di un cessate il fuoco a Gaza. I crescenti legami della Russia con gli attori della resistenza in Medioriente non devono sorprendere: nell’ambito dello stallo di potere globale, si ritrovano ad avere gli stessi nemici.

The Cradle. Mohamad Hasan Sweidan. Negli ultimi anni, l’ampliamento dei legami della Russia con il movimento della resistenza palestinese di Hamas ha contribuito al crescente elenco di problemi che hanno impantanato le relazioni tra Mosca e Tel Aviv. Dopo la visita di Hamas a Mosca del 27 ottobre, successiva all’operazione Tempesta di Al-Aqsa, il Ministro degli Esteri israeliano ha dichiarato che tale missione “manda un messaggio di legittimazione del terrorismo contro gli israeliani”. Tuttavia i dirigenti di Hamas hanno continuato ad affluire nella capitale russa, anche recentemente alla fine di gennaio.

La posizione russa sulla guerra a Gaza.

Dall’inizio del brutale assalto militare di Israele a Gaza, la posizione ufficiale della Russia è stata di maggiore vicinanza ai palestinesi, come evidenziato da varie attività di Mosca presso il Consiglio di Sicurezza dell’ONU: richiesta di un cessate il fuoco, dichiarazione di funzionari russi che criticano le azioni criminali degli israeliani, ripetuti incontri con Hamas a Mosca, oltre l’attenzione rivolta dai media ufficiali del paese alle violazioni dei diritti umani nella Striscia di Gaza. 

Nonostante la lunga natura collaborativa delle relazioni tra Russia e Israele, la guerra in Ucraina ha causato una notevole revisione dei calcoli geopolitici di Mosca. Oggi la Russia vede la guerra a Gaza e le sue implicazioni nella regione sotto il profilo della competizione nei confronti degli Stati Uniti e, pertanto, considera Israele come uno strumento cruciale dell’influenza americana in Medioriente. La leadership del Cremlino ritiene che l’attuale conflitto sia una battaglia di Washington quanto lo è di Tel Aviv: l’indebolimento di Israele significherebbe un’ulteriore sfaldamento della proiezione di potere degli USA dal Levante al Golfo Persico, che costituisce un obiettivo strategico per Mosca.

Anche se Tel Aviv e Mosca conservano comunque interessi comuni preziosi per entrambi per i paesi, è la competizione strategica tra USA e Russia che attualmente influisce in misura maggiore sulle decisioni russe.

Ciò si può notare dal turbinio di dure dichiarazioni di critica da parte di Mosca in relazione al ruolo di Washington nel prolungare ed esacerbare la guerra a Gaza. Il presidente russo Vladimir Putin ha dato voce ai sentimenti di molti mediorientali dichiarando che: “Molte persone sarebbero d’accordo che questo è un chiaro esempio del fallimento della politica degli USA in Medioriente”. Il suo ministro degli esteri Sergey Ryabkov ha fatto un passo ulteriore:

Gli Stati Uniti sono i principali responsabili di questa crisi drammatica e pericolosa, avendo per molti anni cercato di monopolizzare il processo di colonizzazione, ignorando le risoluzioni dei Consigli di Sicurezza in materia e ora ostacolando gli sforzi per raggiungere una soluzione adeguata.

Non c’è dubbio che gli eventi degli ultimi due anni in Ucraina abbiano svolto un ruolo importante nel calibrare la risposta russa alla crisi di Gaza. Durante la sua recente intervista con il  giornalista statunitense Tucker Carlson, Putin ha impiegato un’enorme quantità di tempo per dipanare il contesto storico dell’esistenza dell’Ucraina in quanto stato nazionale, prima di dichiarare nettamente: “L’Ucraina è una nazione artificiale creata per volontà di Stalin che non esisteva fino al 1922”.

Naturalmente il presidente russo comprende che il fatto di invocare la debole giustificazione storica a fondamento dell’indipendenza statale dell’Ucraina gli consente di adottare un analogo contesto storicamente approfondito nel trattare i conflitti di lungo periodo in altre regioni. Questa lettura basata sulla storia della ricerca delle radici dei conflitti si applica in uguale misura alla creazione dello stato di Israele contro le obiezioni dei palestinesi e delle nazioni vicine, che verosimilmente giocherà un ruolo nella posizione con cui Putin intende procedere nei confronti del problema tra Palestina e Israele.

Inoltre, in qualità di estensione dell’asse occidentale, Israele ha adottato delle posizioni ufficiali coerenti con gli interessi degli USA e della NATO in Ucraina. Dall’inizio della guerra nel 2022, Tel Aviv ha espresso dichiarazioni che smentivano i suoi tentativi di professare la propria neutralità. Il ministro degli esteri israeliano dell’epoca, Yair Lapid, aveva chiarito che: “L’attacco russo all’Ucraina è una grave violazione dell’ordine internazionale; Israele lo condanna ed è pronto a fornire aiuti umanitari alla popolazione ucraina”.

Nell’ambito del Medioriente, è stato principalmente l’Iran a esprimersi a favore della Russia nella questione Ucraina e della sua decisione di lanciare un’operazione militare speciale. Durante la visita di Putin a Teheran del 2022, il leader iraniano ha inveito contro la doppiezza occidentale nelle questioni internazionali e ha accusato i nemici di Mosca di opporsi all’esistenza di una Russia “forte e indipendente”. Khamenei ha inoltre aggiunto che, se la Russia non avesse inviato le sue forze in Ucraina, in seguito avrebbe dovuto fronteggiare un attacco da parte della NATO.

Le relazioni russe con Hamas.

Per quanto riguarda gli attuali eventi a Gaza, si può osservare che il Cremlino si ritrova sempre più vicino alle posizioni degli stati e dei protagonisti che hanno sostenuto la sua posizione sull’Ucraina. Quando i dirigenti USA hanno attaccato l’Iran per il suo sostengo a Gaza, il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov si è gettato nella mischia:

Notiamo dei tentativi di dare all’Iran la colpa di tutto e li consideriamo assolutamente provocatori. Ritengo che la leadership iraniana abbia assunto una posizione di notevole responsabilità ed equilibrio, richiamando la necessità di prevenire la diffusione di questo conflitto all’intera regione e nei paesi confinanti.

Mentre Washington faceva gli straordinari per dare sostegno alle numerose false narrazioni israeliane sugli eventi del 7 ottobre, giungendo persino a paragonare la resistenza palestinese al gruppo terroristico dell’ISIS, la Russia era invece impegnata a ricevere un flusso di delegazioni di Hamas a Mosca.

La scorsa settimana, consegnando la sua ponderata risposta ai negoziatori della tregua, Hamas ha esplicitamente richiesto che la Russia fosse inclusa tra i garanti dell’accordo finale per fermare la guerra a Gaza: un chiaro riflesso del fatto che i palestinesi sono convinti che Mosca possa svolgere un ruolo positivo nella risoluzione di questo conflitto.

È bene notare che le visite di Hamas in Russia e le riunioni con vari dirigenti russi non sono una novità. Le relazioni del movimento palestinese con i dirigenti russi risalgono al 2006, quando una delegazione politica di Hamas giunse a Mosca poche settimane dopo la vittoria nelle elezioni parlamentari palestinesi. Le visite attuali, però, differiscono notevolmente da quelle precedenti in quanto avvengono nel momento in cui Washington e Tel Aviv hanno annunciato l’obiettivo comune di distruggere Hamas. È significativo che la Russia stia oggi seguendo avidamente i gruppi della resistenza palestinese che il 7 ottobre hanno mandato in frantumi l’immagine dell’invincibilità militare di Israele.

Da quella movimentata giornata, l’inviato di Putin per il Medioriente, Mikhail Bogdanov, ha ricevuto due volte la delegazione di Hamas condotta da Musa Abu Marzouk, membro dell’ufficio politico del movimento, rispettivamente il 26 ottobre e il 19 gennaio. I dirigenti israeliani erano adirati e hanno definito l’invito russo “un riprovevole passo che offre sostegno al terrorismo e legittimazione alle orribili azioni perpetrate dai terroristi di Hamas”. Il ministro degli Esteri israeliano ha inoltre chiesto a Mosca di espellere immediatamente i funzionari di Hamas.

È però improbabile che il duro messaggio di Tel Aviv abbia conseguenze pratiche.

L’affondo mediorientale della Russia.

Più recentemente, Mosca ha invitato le fazioni palestinesi a partecipare a un incontro nazionale palestinese alla fine di febbraio.

Il vice segretario generale del Fronte Popolare di Liberazione della Palestina, Jamil Mezher, il 13 febbraio ha dichiarato all’agenzia di stampa Sputnik che il gruppo ha ricevuto un invito da parte di Mosca a partecipare a una riunione nazionale palestinese, che comprende tutte le fazioni, alla fine del mese.

Il Cremlino ha già fatto i suoi calcoli e ha deciso, per ragioni strategiche, di inserirsi nell’arena del contenzioso palestinese-israeliano. L’Asse di Resistenza della regione gli offre tale opportunità:

1) la Russia sa che non sarà in grado di imporsi in una risoluzione internazionale sul conflitto se non attraverso le sue relazioni con Hamas. Tel Aviv non accetterà Mosca nel ruolo di mediatrice tra lei e Hamas, almeno per ora.

2) L’accoglienza delle delegazioni di Hamas da parte della Russia contiene un messaggio diretto a Washington. In poche parole, il Cremlino è pronto a un avvicinamento a coloro che si oppongono agli interessi statunitensi. Una parte delle divisioni sulla guerra di Gaza riflettono quelle esistenti a livello internazionale tra le grandi potenze.

3) Una parte essenziale della relazione della Russia con Hamas è il risultato del crescente convincimento di Mosca che attori non statali a Gaza abbiano una significativa influenza sulla realtà politica nella regione. Di conseguenza, si può dire che la Russia abbia un interesse crescente a costruire e ampliare le relazioni con l’Asse di Resistenza regionale, guidato da Hezbollah in Libano, Hamas in Palestina e dal movimento degli Houthi nello Yemen. I russi sono stati, in fin dei conti, un fattore decisivo nell’assicurare la vittoria siriana nella guerra della NATO e del Consiglio per la cooperazione del Golfo contro i suoi alleati e sono stati determinanti per l’inserimento dell’Iran all’interno dell’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai (SCO) e del recente ampliamento dei BRICS.

È importare sottolineare che tutte le cinque controparti regionali condividono l’approccio globale della Russia mirato a competere con l’influenza USA nel mondo.

Forse uno degli aspetti più importanti della tempistica della guerra condotta da Israele a Gaza è dato dall’“orologio internazionale”. L’assalto di Tel Aviv alla Striscia assediata è arrivato un anno e mezzo dopo l’inizio della guerra con l’Ucraina, quando Kiev sta vacillando, oltre che in un momento di trasformazione del sistema internazionale. Questo fattore può essere fondamentale per comprendere l’intensificazione dell’approccio del Cremlino agli eventi in Medioriente. Anche se Mosca è consapevole che le sue attuali posizioni possono influire negativamente sulle relazioni con Tel Aviv, nel contesto della competizione tra le grandi potenze i russi sono disposti a sacrificare parte dei loro interessi per conseguire obiettivi strategici più ampi.

Fino quando questa visione da parte dei russi durerà, Hamas e altri movimenti di resistenza mediorientali vedono l’opportunità di approfittare delle trasformazioni globali per attrarre una superpotenza al loro fianco.

Traduzione per InfoPal di Isabella Cecchi