“Tanti sono morti mentre dormivano”: un medico di Gaza ricorda la distruzione

MEMO. Di Amelia Smith. Durante gli 11 giorni nei quali gli attacchi aerei di Israele hanno colpito incessantemente Gaza, il dott. Khamis cercava di dormire due ore verso le 8 del mattino, l’unico momento in cui poteva riposarsi un po’. Israele bombardava a tappeto diverse aree della Striscia verso le 23, ogni sera, quando nella maggior parte della città di Gaza non c’era elettricità.

“I bambini piangevano e urlavano. Le forti esplosioni supersoniche diffondevano il terrore tra i bambini”, ricorda. L’oscurità faceva aumentare la loro paura – le principali infrastrutture, compresa l’elettricità, le strade e le forniture di acqua sono state danneggiate dai bombardamenti aerei.

“Di notte non vi è alcun posto in cui poter scappare. Durante il giorno, almeno, possono cercare rifugio in un’altra camera o sulle scale”.

Il dott. Khamis Elessi è un medico palestinese specializzato in neuro-riabilitazione e medicina del dolore che ha vissuto in varie parti del mondo prima di ritornare nella sua Gaza. Ha studiato e lavorato nelle Filippine, nello Sheba Medical Centre di Tel Aviv e nel Regno Unito, a Southampton e Oxford. Dice che quest’ultima è stata, senza dubbio, la peggiore offensiva militare, tra le cinque che ha già vissuto in precedenza.

Hanno perso la vita circa 260 persone, tra cui 68 bambini. “Molti di loro sono morti mentre stavano dormendo”, dice. “Sono rimasti intrappolati sotto le macerie delle loro case”.

Il dott. Khamis ha trascorso intere giornate a seguire online i suoi studenti di medicina, quando avevano l’elettricità per potersi collegare ed ascoltare, a volte aiutando i pazienti al telefono o curando i feriti all’ospedale Shifa. “La maggior parte del tempo cercavo di sostenere psicologicamente e spiritualmente i membri del mio nucleo familiare oltre alla famiglia estesa, composta, una notte, da oltre 70 persone”, aggiunge.

Durante il settimo giorno dell’aggressione, la situazione è peggiorata. Il portavoce dell’esercito israeliano ha comunicato che in meno di un’ora 160 aerei militari avevano lanciato 450 missili nella zona orientale e settentrionale della Striscia di Gaza.

“All’interno dei nostri edifici tutti stavano urlando, irrigiditi nei loro corpi, ma non c’era tempo per piangere o per aver paura”, racconta. Mentre la sua famiglia stava assistendo a queste tremende esplosioni, sua figlia, una fisioterapista all’ultimo anno di studi, è svenuta e collassata con la bocca serrata e le labbra cianotiche. Per la paura non mangiava da cinque giorni.

Con pochissima luce a disposizione, il dott. Khamis ha impiegato più di 30 minuti per farle riprendere piena conoscenza e ha cercato di metterle in bocca due cucchiai di miele. Tutti i bambini e sua madre piangevano.

“Prima che mia figlia avesse ripreso conoscenza completamente, anche una delle mie nipoti è svenuta a causa della commozione”, ricorda. “Quindici minuti dopo averla rianimata, è svenuta un’altra nipote, e poi una terza. Ho chiesto a mia moglie e ad una cognata di ripetere quel che io stavo facendo agli altri. In quel momento erano le 5 del mattino, ero completamente esausto e sono andato a riposarmi per 15-20 minuti”.

Il dott. Khamis, invece, non è riuscito a riposarsi affatto perché, non appena crollato su una sedia, ha sentito delle urla provenire dall’abitazione di suo fratello, dalla porta accanto. Sua nipote, che aveva partorito la prima figlia soltanto poche ore prima, sentendo il rumore di una nuova tornata di bombardamenti era collassata ed aveva convulsioni.

“In quel momento, ho avuto la sensazione di essere completamente inutile perché non potevo fare niente per proteggere i miei figli e la mia famiglia”, dice. “Durante le guerre, questo è un giorno tipico per noi qui a Gaza”.

Per avere un po’ di sollievo e per rilassarsi, i Palestinesi che vivono a Gaza si recano spesso sul lungo tratto di costa che si trova sul Mar Mediterraneo. Tuttavia, a causa del fatto che Israele ha bombardato anche il sistema fognario e non vi è disponibilità di elettricità, l’amministrazione locale è stata obbligata a gettare i liquami in mare. “Quindi, attualmente l’unico rifugio che può avere la gente nei momenti di svago non è disponibile in quanto il mare è molto inquinato per la presenza delle acque reflue”, dice il dott. Khamis.

Nella Striscia ci sono due parchi principali, ma sono sufficienti per appena 1000 dei 2 milioni e duecentomila abitanti che vivono a Gaza, ha aggiunto il medico.

Durante l’offensiva, oltre 2.000 unità abitative sono state completamente distrutte, tra cui sette edifici di molti piani. Sono stati colpiti anche cinque ospedali. “Purtroppo il nostro sistema sanitario si trova al limite del collasso ormai da 15 anni a causa dell’assedio permanente contro Gaza per aria, terra e mare. Nonostante questo, abbiamo il diritto di vivere come qualsiasi altro cittadino del mondo, con libero accesso alle cure mediche”.

Un nebbioso video di sorveglianza reso pubblico la settimana scorsa ha catturato il momento nel quale è stato colpito Al-Remal Clinic, il laboratorio COVID-19 più importante di Gaza. In esso si vedono i pazienti e il personale che corrono mentre il fumo riempie i corridoi fino a quando non si vede nient’altro che una nuvola grigia.

Poco prima dell’inizio della guerra, Gaza era riuscita ad appiattire la curva dei contagi da coronavirus, che erano passati da 1.000-1.500 al giorno a soli 200. Molti medici temevano che i casi sarebbero aumentati di nuovo dopo che migliaia di Palestinesi avevano cercato rifugio nelle scuole UNRWA o presso altre abitazioni, ma fortunatamente questo non è accaduto. Il dott. Khamis ritiene che attualmente Gaza abbia quasi raggiunto l’immunità di gregge.

Anche prima degli attacchi aerei vi era scarsità di medicinali e di personale medico. Circa il 65% dei bambini al di sotto dei cinque anni e le donne in età fertile sono anemici a causa delle poche verdure fresche disponibili; inoltre, quasi 1 milione e mezzo delle persone che vivono nella Striscia di Gaza sono rifugiati che, per poter mangiare, ricorrono regolarmente all’assistenza fornita da organizzazioni umanitarie internazionali.

Un rapporto del 2012 ha evidenziato che il 92% dei bambini di Gaza soffrono di sindrome post-traumatica. “Penso che ora questa percentuale sia arrivata al 99,9%”, precisa il dott. Khamis. “La situazione qui è veramente miserevole. Sono certo che non soltanto i bambini, ma ogni Palestinese di Gaza abbia bisogno di consulenze e terapie psicologiche”.

Il dott. Khamis ha perso due colleghi ed amici durante gli attacchi aerei, il responsabile di medicina interna dott. Ayman Abu Al-Ouf, ucciso in casa assieme alla moglie e a tutti i membri della sua famiglia, ed anche sua sorella con tutti i membri della famiglia.

Poi il dott. Moein Aloul, neurologo, ucciso la stessa notte, anche lui assieme a tutta la sua famiglia e ad altre quattro famiglie schiacciate dai tetti delle loro case, in sei appartamenti di un edificio, crollati durante gli attacchi aerei che hanno colpito Al-Wehda nelle prime ore del mattino, lasciando un totale di 46 morti ed oltre 100 feriti.

Ora, dopo il cessate il fuoco, i Palestinesi hanno potuto tirare un profondo sospiro di sollievo, dice il dott. Khamis: “Finalmente non ci sono più i bombardamenti e speriamo che duri per sempre”.

I Palestinesi hanno iniziato a rimuovere le macerie dalle strade e le rovine degli edifici demoliti per permettere il passaggio delle auto. Hanno cominciato anche a rimuovere i vetri rotti e i detriti dai vari ospedali e ambulatori, compreso Al-Remal Clinic, che si spera sia di nuovo utilizzabile per poter servire la comunità in breve tempo.

Gaza ha ricevuto proposte internazionali, per aiuti e ricostruzione, senza precedenti, molte delle quali devono ancora essere concretizzate, anche dagli Stati Uniti, per un totale di 1.5 miliardi di dollari promessi.

“Se tutto questo si realizzerà, Gaza diventerà una città all’avanguardia. Anche se solo un terzo di tutte queste promesse fossero mantenute e raggiungessero Gaza, sarebbe possibile costruire nuove case ed edifici per tutti coloro che hanno perso le loro abitazioni”, afferma il dott. Khamis. “Tuttavia, noi adesso non abbiamo bisogno solo di ricostruire, di medicinali e di cibo se poi la comunità internazionale si dimenticherà delle cause che sono alla base di tutto, cioè il continuo assedio e l’occupazione delle terre palestinesi e le istigazioni non-stop dei coloni e della polizia israeliani contro i Musulmani di Gerusalemme e di Sheikh Jarrah in particolare”.

“Ho sempre messo in guardia i miei familiari, amici, studenti e colleghi sul fatto che dobbiamo restare positivi nei nostri pensieri e nelle nostre aspettative perché se così non fosse moriremmo”, continua. “Molte persone mi pongono questa domanda – quando continuo a ripetere ‘siate positivi, abbiamo ancora speranza e le cose andranno meglio’ – perché sei ottimista tutto il tempo? Chiedono. Rispondo loro che è perché la speranza per un domani migliore è l’unica cosa che abbiamo ed è l’unica cosa che abbiamo di sicuro e senza speranza moriremmo, senza speranza mi trovereste già morto”.

“Infine, il nostro semplice ed unico bisogno è quello di vivere nella nostra Palestina libera e indipendente con dignità, rispetto e prosperità come qualsiasi altro individuo al mondo”.

Traduzione per InfoPal di Aisha T. Bravi