Ucraina e Palestina, quale parallelismo con la Resistenza partigiana?

InfoPal. Di Lorenzo Poli. Durante la guerra in Ucraina – per altro ancora in atto, nonostante i media mainstream non ne facciano più parola – dai talk show e dai telegiornali la narrazione mediatica poteva essere riassunta con queste espressioni: “Esiste un invaso, l’Ucraina, ed esiste un invasore, la Russia”; “esiste un aggredito, l’Ucraina, e un aggressore, la Russia”; “l’Ucraina ha il diritto di difendersi”; “dobbiamo sostenere la Resistenza ucraina”. Partendo dal fatto che queste fossero solo una conseguenza logica provocata dalla disinformazione occidentale sulla Guerra in Donbass che ignorava il fatto che le vittime di quella guerra fossero dal 2014 le Repubbliche Popolari di Lugansk e Donetsk; che negli anni la popolazione russofona del Donbass avesse subito pulizie etniche da parte di battaglioni paramilitari ucraini dichiaratamente neonazisti e anti-russi affiliati all’Esercito Nazionale Ucraino, e che l’unica Resistenza fosse quella antifascista del Donbass nata nel 2014 dopo il golpe di Maidan e la Strage di Odessa, ciò che è interessante analizzare è la narrazione che si è creata su quella guerra, la quale immediatamente è stata giustificata come una “Resistenza”. Ma è realmente così? Si può definire l’azione dell’Ucraina come una resistenza? La risposta è ovviamente no.

La stampa di guerra ha fin da subito sollevato il paragone fra la guerra in Ucraina e la Resistenza partigiana per sostenere la necessità dell’invio di armi all’Ucraina invasa dalla Russia, ma si è trattato di parallelismo oltraggioso e strumentale per sostenere una guerra vera e propria.

Il paragone con la Resistenza – come è stato sottolineato anche da intellettuali come Franco Cardini, Luciano Canfora e Michele Santoro – è stato ed è fuorviante in quanto i combattenti ucraini sono organizzati in un esercito regolare contro i resistenti antifascisti del Donbass e contro l’esercito russo, mentre i partigiani erano contadini che si sottraevano alla leva militare e che andavano sulle montagne per non combattere come voleva Mussolini. Se la guerra in Ucraina è una guerra tra eserciti regolari di due Stati, nonché un conflitto tra nazionalismi, la Resistenza partigiana si colloca in una guerra civile sul territorio italiano in cui una parte di popolo si ribellava alla violenza sistematica e ai soprusi che un regime totalitario, il fascismo, infliggeva. Se i combattenti ucraini, sul territorio, combattono un conflitto regionalista in Donbass contro una minoranza etnica dichiarata “nemica” dallo Stato che servono, la Resistenza partigiana è, invece, più paragonabile alla resistenza del popolo russofono del Donbass che, dopo anni di violenze sistematiche, lotta per la sua indipendenza dall’Ucraina. 

Inoltre il paragone storico non regge in quanto i media mainstream definiscono “Resistenza ucraina” l’insieme i forze neo-naziste, ovvero milizie di volontari inquadrate nell’esercito regolare ucraino che esibiscono svastiche, ritratti di Hitler e simboli nazisti, e che si sono macchiate di stragi di civili, di torture e stupri “etnici”, addirittura teorizzati dal fondatore del “battaglione Azov” Andrij Biletsky. Quella che viene chiamata “Resistenza ucraina” è un apparato dell’esercito ucraino che, nella loro guerra in Donbass in corso da nove anni nel silenzio complice dell’Occidente, ha provocato più di 14.000 vittime nella minoranza russofona delle Repubbliche Popolari. Non si tratta di una Resistenza che lotta per la liberazione o per l’indipendenza del suo popolo, bensì di una guerra per consolidare ancora di più il nazionalismo, l’etnocentrismo e l’identità nazionale del suo Stato contro tutti. Se la Resistenza partigiana italiana era antifascista, queste forze sono dichiaratamente eredi politici del nazista antisemita Stephan Bandera che lo stesso ultranazionalista Zelensky ha rivalutato dedicando statue e celebrazioni istituzionali, senza contare i comizi in cui si invoca che la “gloriosa Ucraina” si liberi “dei russi e degli ebrei”.

L’assoluta diversità del contesto storico rende improponibile e poco onesto il paragone con la Resistenza senza contare le sostanziali differenze di tipo giuridico-politico: l’Italia non ha dichiarato guerra alla Russia né la Russia ha dichiarato guerra all’Italia, al contrario di quanto accadde nella Seconda Guerra Mondiale fra l’URSS, gli Alleati e i partigiani da una parte e l’Asse Nazifascista dall’altra.

Inoltre bisogna ricordare che l’esercito ucraino riceve ingenti finanziamenti bellici da tutto l’Occidente e ha i missili americani a medio raggio. Oggi si sta cercando di cancellare la natura dei resistenti italiani, riducendoli a semplici “patrioti” per la “liberazione nazionale dal fascismo”, ma in realtà erano partigiani: parteggiavano con quel popolo italiano che il fascismo aveva represso nel sangue ed avevano un’idea e una visione del mondo e di società più giusta, socialista, democratica e per la giustizia sociale e di classe. Quest’ultime caratteristiche non sono per nulla assimilabili ai combattenti ucraini.

Hanno iniziato a chiamarla “Resistenza ucraina” parallelamente alla narrazione mediatica secondo cui Putin fosse il “nuovo Hitler”: se uno è Hitler, chi si oppone è un resistente. In realtà la redutio ad Hitlerum è una strategia comunicativa insidiosa e truffaldina che l’imperialismo e la propaganda bellica occidentali hanno sempre usato per giustificare le peggior guerre con esiti micidiali per la pace e per i popoli: Putin è il nuovo Hitler, come anche Khomeyini era “il nuovo Hitler”, anche Saddam Hussein era “il nuovo Hitler”, anche Milosevic era “il nuovo Hitler”, anche Assad era “il nuovo Hitler”, anche Bin Laden era “il nuovo Hitler”, anche i talebani erano “il nuovo Hitler” e anche Gheddafi era “il nuovo Hitler”. Insomma erano i “nuovi Hitler” tutti coloro di cui l’Occidente riteneva opportuno sbarazzarsi con una guerra.

Detto ciò, il falso parallelismo tra ucraini e partigiani non ha niente a che vedere con la storia e con i fatti. Si tratta di un sillogismo, un tentativo revisionista della storia con il fine di decontestualizzarla ed applicare strumentalmente le sue categorie a realtà inconciliabili per renderle più accettabili all’opinione pubblica.

In questi giorni, il “nuovo Hitler” è Hamas e, a tal riguardo, sta emergendo tutta l’ipocrisia dell’opinionismo da talk show italiano, più interessato a portare l’acqua al suo mulino piuttosto che informare, chiarificare e fare i giusti distinguo concettuali. Con l’Operazione “Spade di ferro”, l’escalation militare israeliana su Gaza in risposta ai missili lanciati dal movimento di resistenza palestinese Hamas (che a loro volta hanno lanciato dopo i soprusi, le violenze e i crimini che Israele ha commesso tra il 5 e il 6 ottobre in Cisgiordania), subito la nuova destra ultra-atlantica e bellicista rappresentata oggi da un fronte che va dal PD a Giuliano Ferrara, da Italia Viva a Beppe Severgnini e da tutta la destra italiana ha esaltato il “diritto di Israele a difendersi” dal “terrorismo islamico” dicendo che c’è “un aggredito, Israele, e un aggressore, Hamas”.

Nel dibattito che si sta creando in queste settimane sulla questione palestinese, a nessuno è venuto in mente, invece, il sensato paragone tra Resistenza partigiana e la Resistenza palestinese contro 75 anni di occupazione militare e colonizzazione dei territori palestinesi, dopo la negazione di fatto del loro diritto sacrosanto all’autodeterminazione. A nessun benpensante sostenitore della “Resistenza ucraina” è venuto in mente di fare parallelismi con il popolo palestinese e il pieno diritto alla sua esistenza contro l’occupazione belligerante con cui Israele reprime gran parte dei palestinesi. Un’occupazione, quella di Israele, che alti rappresentanti delle Nazioni Unite hanno definito “un affronto al diritto internazionale”. Il diritto alla resistenza è la prerogativa concessa a un popolo dalla sua costituzione di opporsi all’ingiusto esercizio del potere o al potere illegittimo. Chissà come mai agli stessi opinionisti è venuto invece spontaneo rifarsi alla “legittima difesa” di Israele? Sarà il doppio standard occidentale?