I bambini di Gaza: vittime della guerra o supereroi?

I bambini di Gaza: vittime della guerra o supereroi?

MEMO. Di Safa Othmani. Essere un bambino a Gaza significa avere i giorni contati.

Il mese scorso, il filmato di un feto palestinese morto in un ospedale di Gaza, dopo che la madre era stata uccisa in un attacco aereo israeliano, ha mostrato al mondo gli orrori del parto e della nascita nell’enclave assediata.

Dalle uccisioni e mutilazioni di massa, agli attacchi contro case sovraffollate, scuole, panetterie, ospedali e rifugi per gli sfollati, nonché alla negazione dell’accesso al cibo, alle medicine, all’acqua potabile e agli aiuti umanitari; tutti crimini puniti dal diritto internazionale, i bambini di Gaza continuano a soffrire sotto gli attacchi incessanti di Israele.

Secondo gli ultimi aggiornamenti del ministero della Salute palestinese, le forze israeliane hanno ucciso almeno 6.100 bambini palestinesi nella Striscia di Gaza in 48 giorni di intensi combattimenti, dal 7 ottobre. Ci sono altri 1.500 bambini dispersi sotto le macerie degli edifici distrutti, la maggior parte dei quali si presume sia morta.

Queste cifre sono cinque volte superiori al numero di bambini uccisi dalle forze della coalizione statunitense in Iraq tra il 2003 e il 2011, dove sono stati uccisi 1.201 bambini. A Gaza, ogni giorno vengono uccisi 130 bambini palestinesi, un numero superiore a quello dei bambini morti in Yemen, Siria, Iraq e Libia messi insieme. Dal 7 ottobre le forze israeliane hanno ucciso a Gaza il doppio dei bambini palestinesi rispetto a quelli uccisi in Cisgiordania e a Gaza messi insieme dal 1967.

Mentre in altre parti del mondo il parto annuncia una nuova vita e un momento di gioia, a Gaza è oscurato dalla morte e dall’orrore. Le Nazioni Unite stimano che 5.500 donne incinte dovrebbero partorire a dicembre a Gaza, dove la maggior parte delle strutture sanitarie non è più in grado di operare. Le distruzioni, unite all’insufficienza di acqua potabile e di servizi igienici, stanno creando numerosi rischi per la salute, anche per le donne che non hanno accesso a kit igienici o alle anestesie nel caso in cui abbiano bisogno di cure mediche o di un parto cesareo.

Nell’ultimo assalto israeliano alla Striscia di Gaza, le strutture sanitarie per bambini sono state oggetto di attacchi indiscriminati. I missili e i caccia israeliani hanno colpito più volte l’ospedale pediatrico Al-Rantisi, distruggendo il reparto di oncologia pediatrica e il centro specializzato per bambini, provocando morti e feriti tra i bambini e il personale medico. Gli stessi attacchi israeliani hanno distrutto i pannelli solari e i serbatoi d’acqua dell’ospedale. Decine di bambini erano stati curati all’ospedale pediatrico Al-Rantisi e almeno 1.000 palestinesi sfollati vi avevano cercato rifugio.

L’OCHA delle Nazioni Unite ha lanciato l’allarme per il numero crescente dei casi di varicella, diarrea e infezioni alle vie respiratorie tra i bambini rifugiati nei luoghi estremamente affollati della Striscia di Gaza. La mancanza di rifugi sicuri ha generato un profondo senso di paura e orrore tra i bambini che hanno iniziato a mostrare anche i sintomi di un grave trauma, il disturbo da stress post-traumatico. Questo provoca convulsioni, ansia, comportamento aggressivo ed enuresi notturna (bagnare involontariamente il letto).

A Gaza, i bambini vivono sotto un bombardamento costante, con decine di migliaia di persone stipate in rifugi nelle scuole delle Nazioni Unite dopo essere state costrette a fuggire dalle loro case senza avere accesso a cibo o acqua pulita. La situazione è così grave che in alcuni rifugi 400 palestinesi sfollati condividono un solo bagno.

Ma il problema è molto più complesso, non si può ridurre ad una semplice questione di numeri.

Nello studiare l’impatto del conflitto sui bambini palestinesi, che costituiscono circa la metà dei 2,3 milioni di abitanti di Gaza, dovremmo prestare attenzione alle voci di questi stessi bambini. Forse in nessun’altra parte del mondo i bambini si considerano alfieri della lotta contro l’occupazione e la decolonizzazione come accade a Gaza. Mentre il senso di autostima dei bambini è tipicamente alimentato da un semplice momento di gioco, a Gaza è piuttosto alimentato da un impegno intrinseco verso una lotta sacra. Così, lanciando un sasso contro un soldato israeliano, giocando a sparare all’aperto o dipingendo un quadro con la bandiera palestinese che sventola sulla Moschea di Al-Aqsa, i bambini di Gaza si ritagliano uno spazio tutto loro come “cavalieri dall’armatura splendente” della loro nazione.

“Visto che i miei genitori sono stati uccisi in guerra, devo vegliare su mia sorella”; “La nostra patria non è in vendita”; “Israele pensa che uccidendo mio padre lasceremo la nostra casa? Assolutamente no”; “L’occupazione ha ucciso tutta la mia famiglia e io devo vendicarmi”; “Sono nato in un campo profughi e ho sempre saputo che la nostra terra ci è stata portata via e prima o poi la riavremo”; “Sono cresciuto con la voce di mia nonna che mi diceva di non gettare mai la spugna”. Queste sono solo alcune delle frasi pronunciate dai bambini di Gaza e diventate virali sui social media dal 7 ottobre. Le loro parole sono l’ennesima dimostrazione che il percorso di comprensione dei bambini di Gaza è caratterizzato da un insieme di auto-rappresentazioni che hanno radici nella resistenza, a prescindere dalle conseguenze finali.

Forse inconsciamente, i bambini di Gaza si raffigurano come supereroi impegnati in una battaglia esistenziale contro un potere coloniale che non solo ha tolto loro la terra, ma anche il diritto al gioco, a un’infanzia felice, a un’istruzione serena, a una casa sicura, a una famiglia calorosa, a un trattamento non violento e a una protezione incondizionata dalla guerra e dai combattimenti. In questo modo, mostrano un’ampia comprensione della lotta anti-occupazione, che non ruota solo attorno alla resistenza all’occupazione militare della terra, ma anche come lotta per l’identità, l’autostima e il senso di appartenenza legati a una storia di resistenza che dura da oltre 75 anni.

È un modo di pensare e di vivere profondamente radicato in un senso di autocoscienza, profondamente radicato nella madrepatria, nella resistenza e in una mentalità che si è assunta il compito di continuare la lotta fino all’ultimo respiro. L’ultima campagna di bombardamenti ha rivelato come i bambini di Gaza siano in grado di pensare e analizzare le situazioni legate all’occupazione della Palestina in modo ampio e lungimirante, ben oltre la loro giovane età.

Dai cumuli di macerie in cui sono state trasformate le loro case e dalle fiamme dei missili che hanno bruciato i corpi delle loro famiglie, i bambini di Gaza emergono come supereroi che non solo sono riusciti a smantellare l’autoproclamata identità di Israele come unico partner per la pace in Medio Oriente, ma anche a porsi all’avanguardia nella lotta di decolonizzazione di un’intera nazione.

Traduzione per InfoPal di Aisha T. Bravi